“Tutto ciò che abbiamo amato e perduto, che abbiamo amato moltissimo, che abbiamo amato senza sapere che un giorno ci sarebbe stato rubato, tutto ciò che, una volta perduto, non è riuscito a distruggerci, per quanto abbia insistito con forze sovrannaturali e abbia perseguito con impegno e crudeltà la nostra rovina finisce, primo o poi, per diventare gioia”. (Manuel Vilas, La gioia all’improvviso)
Un bel tacere
“Il problema non è più far esprimere le persone ma fornire piccoli momenti di solitudine e silenzio in cui possano trovare qualcosa da dire. Le forze di oppressione non impediscono alle persone di esprimersi, al contrario le costringono ad esprimersi. Che sollievo non avere nulla da dire, il diritto di non dire nulla, perché solo così diventa possibile cogliere quella cosa rara e sempre più rara: ciò che vale la pena di dire”.
Gilles Deleuze
Colloqui 1972-1990
Edizioni de Minuit, Parigi,
Past continuous
Imbrunisce e nove gradi ti sembrano caldo. La luce argento staglia i rami inchiostro degli alberi nudi: sembrano dita che bevono aria, o antenne che captano il senso del mondo. Se abbassi lo sguardo nella chirurgica c’è il colore dei fondali di Puglia e il tanfo del respiro stantio nel Tnt. Domani sarai Ismene, la scocciante Ismene, la remissiva ligia prudente Ismene. All’inizio ti dispiaceva, adesso invece hai preso le misure e senti quanto ti assomiglia. Antigone ti urlerà addosso e tu sarai composta e determinata, negherai il tuo aiuto al suo folle piano, e intanto tornerai alla camera di obitorio gelata dove hai visto il tuo Polinice per l’ultima volta. Piangerai dentro di te, nessuno se ne accorgerà, e penserai – come allora – che ogni cosa prenderà il proprio posto senza sconvolgere il mondo intorno. Gli alberi sapranno, e così pure l’aria intorno alla tua persona. Alla fine ti sdraierai per terra, ti coprirai con il lenzuolo profumato e lindo, e chiuderai il contatto, dentro e fuori, urlando ad Antigone “sei pazza”. Lei se ne andrà e tu dondolerai per ore avanti e indietro, totalmente muta, pensando a un rossetto, a un profumo, a un fiore.Negli anni a venire dimenticherai, pensi. Poi un giorno ti siederai al bar, sola davanti al caffè, e senza apparente motivo piangerai.
Daydreamer
Ho scritto i miei sogni
e tu non ci sei mai.
Nei miei sogni ci sono cose
che voi umani non avete mai visto (cit. vedi?):
chi mai ha cavalcato un guerrigliero
impugnando un Uzi e mitragliando scimmie enormi,
per poi rifugiarsi in una casa galleggiante su un ruscello esile,
una casa di legno e ferro, profumata di salvia,
chiusa ermeticamente e sicura come Alcatraz?
Alcune volte sono in grado di far crollare
con la sola pressione di un dito del piede
sculture Moloch alte più di un grattacielo,
fatte di un granito chiaro liscio e puro.
E quando cadono vanno in pezzi, e ogni pezzo
è esso stesso una miniatura del Moloch
che muore frantumandosi a sua volta.
E mille migliaia di Moloch piccoli come bertucce
in carne e ossa mi baciano, mi palpano e
mi sento potente come un’imperatrice.
Fuggendo nella Kasbah ho trovato una casa
le cui stanze erano divise da centinaia di gradini
e ogni millimetro era coperto di azulejos
o di mosaici microscopici cangianti;
e ogni stanza era un disordine vorticante
e ogni stanza io la rimettevo in ordine
mentre una donna furiosa mi urlava addosso.
Se te li raccontassi tutti farei invidia a Sherazade.
Una volta sì, sei apparso, un incubo:
eri al tavolo di quelli che mi giudicavano,
e io ero fradicia e nuda davanti a voi.
Tu fumavi, al solito, e il colore degli occhi
era violaceo e trasparente mentre dicevi
che potevo andarmene fra gli assensi dei due accanto.
Così mi sono tuffata nel mare del Nord,
verde muschio e freddo mi hanno accolta
e invece di affondare nell’oscurità
sono evaporata salendo, salendo.
Sulla cima delle rocce ho riso
e sono diventata una cascata tra i licheni.
Ho scritto i miei sogni, sai, questioni di analista.
E tu non ci sei, mai più.
Mantra
Iniziazioni
Ci sono ferite che ti scegli. Meditate, progettate, desiderate e amate. Che contengono un senso.
Ci sono momenti in cui sentì che il rito iniziatico non era ancora arrivato, e che è ora.
Non c’è un’eta, né una razionale spiegazione che un altro possa comprendere. Psichicamente si definisce come “manipolazione estrema del corpo”, o come ricerca di simbolo o di ierofania. Per me è sempre stato lì. Era solo invisibile.
(Per la cronaca Gingko Biloba)
No lies
23.37, suburbia.
Analisi al tramonto
C’è un tramonto che spezza le ossa, e non importa sapere che è garantito dalle polveri sottili della città. Non si è mai visto un inverno così bello, per quanto ti stia tremendamente sui coglioni il freddo. E finalmente le maledette “feste” sono finite, mentre trascini i piedi verso non so dove. Hai visioni, pessime visioni. Te in ginocchio, sempre, a pulire con spazzole pavimenti durissimi, a montare piastrelle bianco e blu su muri di case altrui e su ordine di sadiche padrone, a cercare topolini smarriti in enormi ville settecentesche, a rifare letti e ordinare stanze piene di gradini improbabili, a fare altre disdicevoli cose.
Infinite jest
Sueño